Piano del commercio fisso
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Descrizione e obiettivi

 

Il piano del commercio fisso (più correttamente Piano di Sviluppo e adeguamento della Rete di Vendita) era stato introdotto dalla Legge 426/71 (legge di riforma del commercio ). Si trattava di una forma di pianificazione di tipo essenzialmente quantitativo che i comuni dovevano obbligatoriamente approvare, e che conteneva strumenti quali la divisione in zone del territorio comunale, la fissazione (per zona ) dei contingenti massimi di superficie per i negozi di largo e generale consumo (parte degli alimentari, grande distribuzione e abbigliamento), la suddivisione in categorie merceologiche della Tab. XIV (articoli non analiticamente individuati nelle altre 13 tabelle), fissazione dei minimi di superficie per ogni tabella o categoria merceologica e altre indicazioni a discrezione del Comune.

 

Comunque il piano non aveva valenza urbanistica, per cui non era correlato alla destinazione d’uso delle aree, e quindi consentiva il paradosso di consentire il rilascio di autorizzazioni commerciali in aree urbanisticamente incompatibili e, indirettamente, rendeva possibile il rilascio di autorizzazioni edilizie per costruire locali commerciali che poi non potevano ottenere l’autorizzazione commerciale per diventare operativi. Lo strumento “Piano commerciale” è stato eliminato dalla riforma del commercio del 1998 (D.Lgs 114/98, cosiddetto “Decreto Bersani” ).

 

La denominazione di “PIANO COMMERCIALE” è stata comunque una designazione “forte”, per cui nell’immaginario collettivo è rimasta, e a oltre 17 anni dall’abrogazione, gran parte delle persone (anche i Comuni e gli addetti ai lavori) continuano erroneamente ad utilizzarla per riferirsi a qualunque strumento regolatorio del settore commerciale, generando spesso notevoli confusioni. In alcune regioni la legislazione locale ha mantenuto in vita strumenti di programmazione a livello comunale denominati “Piano commerciale” o qualcosa di simile, anche se i contenuti sono sostanzialmente diversi da quelli originariamente previsti dalla Legge 426, poiché comunque non è più possibile l’applicazione di contingenti, superfici minime o limitazioni di natura quantitativa.

 

Tra le Regioni che ancora prevedono una sorta di piano commerciale citiamo, a titolo di esempio non esaustivo, la Calabria, la Campania, Liguria, la Toscana, il Piemonte. In tutti casi si tratta di strumenti di natura qualitativa e non quantitativa, in linea di massima più che altro linee giuda per lo sviluppo, da attuarsi comunque nel rispetto della normativa urbanistica, che nel quadro dell’attuale normativa nazionale, rimane lo strumento principe di pianificazione territoriale, applicabile anche al commercio.

 

La Lombardia ha introdotto a più riprese alcune modifiche alla proprie Legge Quadro del Commercio (LR 6/10) che prevedono per i Comuni la facoltà di emanare normative, non necessariamente in sede di strumento urbanistico, per regolare la modalità di insediamento delle attività commerciali (anche quelle di vicinato) e paracommerciali.

Tali indicazioni rimangono comunque lettera morta nell’attesa di emanazione delle disposizioni applicative.

 

Riferimenti giuridici

 

Le norme vigenti che prevedono ancora qualche forma di piano commerciale sono da ricercarsi nella normativa di alcune regioni. Facciamo qualche esempio:

 

CALABRIA - LEGGE REGIONALE 11 giugno 1999, n. 17 Direttive regionali in materia di commercio in sede fissa. Art. 11 “Strumenti comunali di programmazione ed incentivazione”

 

1. I Comuni, per l'esercizio delle funzioni di loro competenza e secondo le specifiche indicazioni contenute negli indirizzi e criteri per la programmazione di cui all'art. 1 comma 2, entro 120 giorni dall'entrata in vigore di quest'ultimo si dotano di appositi piani o provvedimenti contenenti:

a) i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le medie strutture di vendita, da indicare previa analisi ricognitiva e valutazione della rete distributiva comunale, nonché il termine, non superiore ad un anno entro il quale l'esercizio commerciale deve essere attivato, decorso il quale l'autorizzazione s'intende decaduta;

b) gli strumenti di promozione e sviluppo del tessuto commerciale nei centri storici.

 

(omissis)

 

Art. 12 - Progetti di valorizzazione commerciale delle aree urbane

 

1. Per centri storici, oggetto del presente articolo, si intendono le aree riconosciute tali dai Comuni ai fini degli interventi di promozione e programmazione delle attività commerciali o,in mancanza, come delimitate negli strumenti urbanistici comunali.

2. I Comuni approvano progetti di valorizzazione commerciale di aree urbane al fine di promuovere il rilancio e la qualificazione dell'assetto commerciale dei centri storici e delle aree di servizio consolidate.

 

(omissis)

 

CAMPANIA - Legge Regionale 1 /2014 nuova disciplina in materia di distribuzione commerciale Art. 10 “Strumento comunale di intervento per l’apparato distributivo”.

 

1 I Comuni adeguano gli strumenti urbanistici generali ed attuativi, i regolamenti di polizia locale e lo strumento d’intervento per l’apparato distributivo, se vigente, oppure si dotano dello stesso strumento, se ancora non vigente, recependo i criteri e gli indirizzi di programmazione stabiliti dalla presente legge entro centottanta giorni dalla sua entrata in vigore.

 

2 Lo strumento d’intervento per l’apparato distributivo, di seguito denominato SIAD, costituisce lo strumento integrato del piano urbanistico comunale con una funzione esaustiva del potere di programmazione e pianificazione del territorio ai fini urbanistico - commerciali.

Esso è approvato in adeguamento o in variante. E’ approvato in adeguamento se l’individuazione da parte dei Comuni delle zone in cui insediare le strutture commerciali avviene senza variazioni degli indici edificatori delle aree o l’aumento dei volumi esistenti, anche se la funzione commerciale è localizzata in aree o edifici già destinati alla produzione di beni e di servizi oppure non è codificata terminologicamente, tenuto conto delle caratteristiche socio-economiche, ambientali, funzionali e strutturali delle singole zone d’insediamento.

E’ approvato con procedimento ordinario di variante urbanistica quando l’applicazione dei criteri e degli indirizzi indicati nella presente legge comporta la realizzazione di nuovi volumi o il cambio delle destinazioni d’uso delle aree o degli edifici interessati, se vietati dal vigente strumento urbanistico generale.

 

3 Lo SIAD, tenuto conto delle condizioni della viabilità, delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza, fissa i criteri per l’esercizio delle attività commerciali in aree private e in aree pubbliche, nel rispetto delle destinazioni d’uso delle aree e degli immobili dallo stesso strumento stabilite.

 

4 Lo SIAD persegue le seguenti finalità:

a) realizzare interventi integrati di programmazione dell’apparato distributivo anche per singole aree del territorio, con particolare riferimento al centro storico, nell’ambito di progetti di valorizzazione del territorio e in rapporto alle esigenze dei consumatori e agli aspetti di viabilità, mobilità, arredo urbano, nonché agli specifici interventi di pedonalizzazione;

b) salvaguardare i valori artistici, culturali, storici ed ambientali locali, soprattutto del centro storico, attraverso l’eventuale divieto di vendita di determinate merceologie, senza inibire lo sviluppo del commercio e della libera concorrenza fra varie tipologie commerciali;

c) favorire la nascita di nuove iniziative attraverso la riconversione delle strutture distributive meno produttive già esistenti sul territorio;

d) promuovere forme di integrazione funzionale delle strutture di commercio al dettaglio in sede fissa con le attività di commercio ambulante e di artigianato aventi ad oggetto prodotti tipici della realtà produttiva locale;

e) promuovere la valorizzazione delle aree periferiche attraverso lo sviluppo delle attività commerciali anche mediante specifiche previsioni urbanistiche o piani di intervento globale di recupero e di rilancio di dette aree;

f) predisporre un efficiente sistema di monitoraggio della distribuzione commerciale locale in collaborazione con l’Osservatorio regionale previsto dall’articolo 27.

 

(omissis)

 

Come si vede si tratta di uno strumento a cavallo tra l’amministrativo e l’urbanistico. Se non si rende necessaria una modifica dello strumento urbanistico (in genere perché effettuata autonomamente), la procedura di approvazione è quella delle delibere ordinarie.

 

LIGURIA - Legge regionale Liguria 2 gennaio 2007, n. 1 “Testo Unico in materia di commercio” Art. 5. “Piano commerciale comunale”.

 

1. Il piano commerciale comunale è uno strumento settoriale di programmazione territoriale di cui i Comuni possono dotarsi, secondo le modalità ed entro i termini previsti dalla programmazione commerciale ed urbanistica di cui all'articolo 3, laddove necessaria e sulla base di quanto stabilito dalle disposizioni della presente legge, attraverso forme di consultazione e di confronto con le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle imprese del settore, delle Organizzazioni dei consumatori e delle Organizzazioni sindacali.”

Si tratta di uno strumento facoltativo, i cui contenuti, non di programmazione quantitativa, sono fissati dalle norme attuative (DCR n 31 del 17/2/2012 e s.m.i.). Parecchi comuni della Liguria hanno scelto di continuare a redigere il piano comunale in applicazione di queste norme.

 

LOMBARDIA - Legge Regionale 6/2010 Art. 150 “Programmazione urbanistica riferita al settore commerciale dei comuni e delle province”

 

1. I comuni definiscono i contenuti attinenti agli insediamenti commerciali nei propri piani urbanistici e negli strumenti di programmazione commerciale tenuto conto delle finalità di cui al titolo II, capo I, sezione I e capi II e III del presente testo unico, della l.r. 8/2009 e delle indicazioni stabilite nel programma pluriennale ed indirizzi di cui all’art. 4 e nei criteri di programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’art. 149.

 

(omissis)

 

Gli “strumenti di programmazione commerciale” a cui si fa riferimento, dovrebbero essere quelli indicati all’Art. 4 bis “ (Programmazione comunale) della suddetta Legge Regionale che recita): “ Al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del sistema dei servizi concernenti le attività commerciali, nonché consentire uno sviluppo sostenibile, i comuni, valutate le caratteristiche della distribuzione commerciale ed in coerenza con gli indirizzi regionali di cui all’articolo 4, adottano, sentite le associazioni dei consumatori e le organizzazioni imprenditoriali del commercio maggiormente rappresentative a livello provinciale e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, un atto di programmazione, avente durata quadriennale, che disciplina le modalità di applicazione, con riguardo alle zone da sottoporre a tutela, dei criteri qualitativi individuati dalla programmazione regionale in riferimento all’insediamento delle nuove attività commerciali (omissis)” In realtà le norme regionali non sono entrate nel dettaglio delle indicazioni da fornire ai comuni, per cui questi, nel migliore dei casi si sono limitati ad inserire qualche indicazione nei PGT.

 

Resta comunque la facoltà dei comuni di provvedere all’adozione dell’atto di programmazione, nel rispetto della normativa generale e delle normative di massima della Regione.

 

I Servizi offerti

 

La redazione dei piani del commercio è stata la prima attività messa in atto da Prassicoop fino dal 1972, ed ha costituito il nostro cavallo di battaglia fino a che la Legge 426/71 è stata in vigore.

 

Successivamente tale attività è stata in gran parte sostituita dalla redazione della componente commerciale dei piani urbanistici, dalla stesura dei criteri e delle norme procedurali per le medie strutture di vendita, ma è comunque proseguita su richiesta dei comuni e delle regioni che tuttora utilizzano tale strumento. Prassicoop è comunque in grado di provvedere alla redazione dei piani in attuazione delle normative delle singole Regioni.

 

 

 

Principali clienti e lavori svolti

 

Abbiamo provveduto alla stesura dei piani per oltre 300 comuni di varie regioni, tra cui Lombardia, Calabria, Friuli, Veneto, Piemonte, ecc.

 

Tra i clienti più significativi segnaliamo i comuni di Brescia, Monza, Rozzano, Pavia, Vigevano, Casale Monferrato, Bollate, Garbagnate, Saronno, Limbiate, Brugherio, Bovisio Masciago ,Senago, Paderno Dugnano, Nova Milanese, Novate Milanese, Gorgonzola, Cassano Magnago, Cerro Maggiore, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Corsico, Desio, Gavardo, Garlasco, Melegnano, Opera, Rescaldina, Pero, Samarate, Sedriano, San Giuliano Milanese, S. Donato Milanese, Seregno, Settimo Milanese, Peschiera Borromeo, Canegrate, Varedo , Muggiò, Ospitaletto Bresciano, Garlasco, Malnate, Caronno Pertusella, Codogno, Agrate Brianza, Consorzio Tecnico Urbanistico di Gradisca d’Isonzo, Comuni della Piana di Gioia Tauro (Gioia, Palmi, e altri 10).

 

 

 



 

 

 

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