Commercio e somministrazione

Le regole


La normativa di base per l’accesso a tutti i tipi di attività commerciale è il D.Lgs 114/98 (decreto Bersani), che pur con numerose modifiche successive, costituisce la base di tutta la regolamentazione del settore.

Le modifiche più importanti sono quelle derivanti dal recepimento della direttiva Bolkestein sui servizi, e quindi dalle norme di liberalizzazione e semplificazione, che hanno ridotto al minimo le necessità di autorizzazione preventiva per lo svolgimento dell’attività, in gran parte sostituite dalla SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), e in particolare:

 

- Legge 69/2009

- D.Lgs. 59/2010

- D.L. 78/2010 (convertito in L. 122/10)

- D.L. 98/2011 – art. 29

- D.L. 138/2011 – art. 3

- D.L. 201/2011 – art. 31 e 34, modificato dal D.L. 21 giugno 2013 n° 69, convertito in L. 9 agosto 2013 n° 98, Art.30 ?

- D.L. 1/2012 – art. 1

- D.L. 5/2012 – art. 12

 

Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali.

 

La disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, ?costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, che possono giustificare l'introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità.

I criteri generali di queste norme hanno in gran parte superato anche quelli della legge 287/91 sui pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.

 

Sia pure con importanza decrescente negli ultimi anni, anche il TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza R.D. 773/1931) ed il relativo regolamento di attuazione del 1940 disciplinano parecchi aspetti delle attività commerciali (esempio: beni usati) e soprattutto di quelle di somministrazione.

 

Competenze

 

Le competenze in materia di attività commerciali e affini sono suddivise tra lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni.

 

STATO:

La legislazione nazionale, dopo la riforma del titolo V della costituzione, ha un ruolo di fissazione dei principi generali e di garanzia, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione, della libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e del corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale.

Sono invece di esclusiva competenza statale tutte le disposizioni riguardanti la pubblica sicurezza.

 

REGIONI:

La legge quadro sul Commercio (D. Lgs. 114/98) all’ Art. 6 “Programmazione della rete distributiva” attribuisce alle Regioni il compito di definire gli indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi:

 

a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che, in collegamento con le altre funzioni di servizio, assicuri la migliore produttività del sistema e la qualità dei servizi da rendere al consumatore;

b) assicurare, nell'indicare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, il rispetto del principio della libera concorrenza, favorendo l'equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive;

c) rendere compatibile l'impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l'inquinamento e valorizzare la funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i quartieri urbani degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio;

d) salvaguardare e riqualificare i centri storici anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale;

e) salvaguardare e riqualificare la rete distributiva nelle zone di montagna, rurali ed insulari anche attraverso la creazione di servizi commerciali polifunzionali e al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale;

f) favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali e con facoltà di prevedere a tale fine forme di incentivazione;

g) assicurare, avvalendosi dei comuni e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, un sistema coordinato di monitoraggio riferito all'entità ed all'efficienza della rete distributiva nonché dell'intera filiera produttiva, comprensiva delle fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione di beni e servizi, attraverso la costituzione di appositi osservatori, ai quali partecipano anche rappresentanti degli enti locali, delle organizzazioni dei consumatori, delle associazioni di rappresentanza (delle imprese industriali ed artigiane di produzione di beni e di servizi), delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti, coordinati da un Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero delle attività produttive.

 

Le regioni, entro il termine di cui al comma 1, fissano i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino:

 

a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;

b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali, nonché dell'arredo urbano, ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;

c) i vincoli di natura urbanistica ed in particolare quelli inerenti la disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita;

d) la correlazione dei procedimenti di rilascio della concessione o autorizzazione edilizia inerenti l'immobile o il complesso di immobili e dell'autorizzazione all'apertura di una media o grande struttura di vendita, eventualmente prevedendone la contestualità.

 

Con la riforma del titolo V della Costituzione il commercio è rientrato nelle materie di competenza esclusiva regionale, fatto se salvo il rispetto dei vincoli di cui all’articolo 117 lettera m ” determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

 

Molte regioni hanno colto questa occasione per legiferare in materia di commercio anche al di là delle competenze indicate dall’articolo 6 del decreto Bersani, dando luogo ad una situazione di pesantissima differenziazione della normativa tra una regione all’altra che costituisce oggettivamente un vincolo allo sviluppo delle forme di distribuzione moderna le quali richiedono la possibilità di programmare in maniera omogenea i propri investimenti su tutto il territorio nazionale.

 

Tale situazione è anche all’origine della scarsissima propensione degli investitori internazionali ad investire nelle attività commerciali in Italia. L’ulteriore riforma della carta costituzionale in corso di approvazione, pur rinnovando notevolmente l’articolo 117, non intacca in alcun modo questa situazione.

 

PROVINCE:

La legge nazionale non assegna alle province alcuna competenza specifica in materia di commercio, salvo quella di intervenire nel processo autorizzativo delle grandi strutture di vendita partecipando alle conferenze di servizi di cui all’articolo 9 del D.Lgs 114/98.

In alcuni casi, però, le regioni hanno assegnato alle province il compito di dettare, nell’ambito dei piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP), delle direttive ai comuni per regolamentare il commercio nei propri strumenti urbanistici.

 

CITTà METROPOLITANE:

Al momento, a nessuna città metropolitana sono state riconosciute competenze particolari in materia di commercio diverse da quelle spettanti alle province ordinarie.

è in fase di avvio un dibattito sull’opportunità di trasferire alle città metropolitane ruoli più sostanziosi in materia di autorizzazioni commerciali (ad esempio quelle oggi di competenza regionale in materia di conferenza di servizi per le grandi strutture di vendita).

 

COMUNI:

Ai comuni spetta il compito del rilascio delle autorizzazioni e della emanazione delle norme operative di tipo essenzialmente urbanistico (con una certa variabilità al livello di regione), e quindi essi possono giocare un ruolo chiave nella programmazione dello sviluppo delle reti commerciali.

 

In molti casi la competenza comunale è limitata e va svolta in sede di conferenza di servizi con la Provincia e la Regione qualora si tratti di rilasciare le autorizzazioni per le grandi strutture di vendita.

Ai comuni spetta anche tutta la competenza di tipo gestionale e di accertamento del rispetto delle regole e dell’emissione delle relative sanzioni.

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Il passaggio da un regime autorizzativo a quello della SCIA ha ridotto notevolmente le facoltà discrezionali ed il controllo da parte delle amministrazioni comunali, le quali negli ultimi anni hanno notevolmente diminuito l’interesse l’attenzione verso il settore commerciale, salvo per quanto riguarda, le medie e grandi strutture dalle quali è possibile introitare notevoli oneri di urbanizzazione.

 

Lo strumento principe a disposizione dei comuni per la regolamentazione della rete di vendita è quello urbanistico, ma la maggioranza dei comuni non è “culturalmente” attrezzata a sufficienza per esercitare adeguatamente tale funzione, a conseguenza della storica scarsità di comunicazione e di condivisione di obiettivi e tecniche tra funzionari amministrativi e tecnici urbanistici, per cui c'è ancora molta strada da fare.

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MUNICIPALITà:

In alcuni casi particolari (Roma capitale) sono state conferite alle municipalità alcune competenze specifiche in materia di commercio, limitatamente agli esercizi di vicinato.

 

 

Tipi di procedimento

 

Procedimento di Autorizzazione / rilascio licenza

In base alla L. 241/1990 ed ai principi di cui al D.lgs. 59/2010:

 

- il procedimento deve concludersi entro il termine stabilito dalla legge o dal regolamento dell’Amministrazione competente;

- l’Amministrazione ha l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, fatta salva l’applicazione del silenzio-assenso (art. 20 L. 241/1990);

- l’istanza per l’avvio del procedimento deve risultare completa della documentazione richiesta, salva la possibilità di interruzione dei termini da parte dell’Amministrazione per la richiesta di integrazioni e/o chiarimenti;

- il provvedimento di diniego dell’autorizzazione deve recare le motivazioni di fatto e di diritto che hanno determinato l’Amministrazione a non accogliere l’istanza;

- il provvedimento di diniego deve essere preceduto dalla comunicazione di preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis L. 241/1990.

 

Segnalazione Certificata di Inizio Attività (S.C.I.A.)

 

L’art. 19 L. 241/1990 stabilisce che:

 

- ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione, permesso o nulla osta comunque denominato per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale, è sostituito da una segnalazione dell’interessato;

- la S.C.I.A. è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati e le qualità personali, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati (ed eventuali elaborati) relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per l’avvio o la modifica dell’attività di cui al primo periodo;

- l’attività oggetto della S.C.I.A. può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente;

- in caso di accertata carenza dei requisiti, nel termine di 60 gg dal ricevimento della S.C.I.A., l’Amministrazione adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'Amministrazione invita il privato a provvedere, disponendo la sospensione dell'attività intrapresa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per provvedere. Qualora il richiedente non provveda, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata;

- decorso il termine di 60 gg l'Amministrazione adotta comunque i provvedimenti di sospensione e cessazione dell’attività solamente in presenza delle condizioni previste dalla stessa L. 241/1990 per l’annullamento d’ufficio (autotutela), ovvero prevalenza interesse pubblico e termine perentorio per agire di 18 mesi.

 

Procedimento di Comunicazione

In alcuni casi la legge prevede l’invio all’’Amministrazione di una semplice comunicazione, che non sostituisce alcun provvedimento (autorizzazione, nulla osta, etc.), ma semplicemente notizia l’Ente di determinate circostanze.

 

Procedimento di Concessione

la concessione è il provvedimento amministrativo con cui la pubblica amministrazione conferisce ex novo situazioni giuridiche soggettive attive al beneficiario, ampliandone la sfera giuridica.

 

La concessione presenta elementi di affinità con l'autorizzazione (entrambi sono provvedimenti ampliativi della sfera soggettiva). Se ne differenzia in quanto non solo rimuove limite di una posizione soggettiva preesistente, ma attribuisce o trasferisce posizioni o facoltà nuove al privato.

 

Le categorie principali di concessione sono:

- concessioni traslative, con cui viene trasferito al destinatario del provvedimento un diritto soggettivo o un potere di cui la P.A. è titolare, ma che la stessa non intende esercitare direttamente, pur rimanendo la titolarità del diritto in testa alla P.A. (concessione su beni demaniali o patrimoniali indisponibili, concessioni di servizi pubblici, concessioni di pubbliche potestà, ad es. esattoria e tesoreria, concessioni di attività edilizia);

- concessioni costitutive, con cui vengono conferiti al privato diritti o facoltà che non trovano corrispondenza in precedenti diritti o facoltà dell'amministrazione.

 

Si dividono in:

concessioni di status (cittadinanza)

concessioni di diritti soggettivi (onorificenze)

concessioni di circoscrizioni professionali a numero chiuso (sedi farmaceutiche, piazze notarili).

 

Nei settori di nostro interesse il procedimento di concessione riguarda solo casi particolari, come ad esempio la concessione dei posteggi per il commercio su aree pubbliche.

 

 

Requisiti

 

L’attività commerciale rientra tra le cosidette attività regolamentate, per le quali la legge (nazionale o regionale) prevede il possesso di determinati requisiti affinché possano essere avviate ed esercitate.

 

I requisiti previsti dalla legge per l’esercizio dell’attività possono essere:

- di tipo personale, ossia legati al soggetto (individuale o collettivo) che intende avviare una determinata attività;

- di tipo oggettivo, legati alle strutture, ai locali ove l’attività sarà esercitata.

 

REQUISITI PERSONALI (Morali o di Onorabilità)

Art. 71 D.lgs. 59/2010 come modificato dal D.lgs. 147/2012

 

In caso di società, associazioni od organismi collettivi i requisiti morali devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona preposta all'attività commerciale e da tutti i soggetti individuati dall'articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n° 252.

In caso di impresa individuale i requisiti di cui ai commi 1 e 2 devono essere posseduti dal titolare e dall'eventuale altra persona preposta all'attività commerciale.

 

Non possono esercitare l'attività commerciale di vendita e di somministrazione:

 

a) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;

b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;

c) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, Titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione;

d) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l'igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, Titolo VI, capo II del codice penale;

e) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali;

f) coloro che sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27/12/1956, n° 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31/5/1965, n° 575, ovvero a misure di sicurezza;

 

Non possono esercitare l'attività di somministrazione di alimenti e bevande coloro che si trovano nelle condizioniprecedentemente elencate, o hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti; per reati concernenti la prevenzione dell'alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d'azzardo, le scommesse clandestine, nonché per reati relativi ad infrazioni alle norme sui giochi.

 

 

REQUISITI PERSONALI (Professionali)

 

Sono previsti dall’art. 71 D.lgs. 59/2010 (modificato da D.lgs. 147/2012) secondo il quale l’esercizio dell’attività di somministrazione è subordinato al possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:

- avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;

- avere, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, esercitato in proprio attività d'impresa nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande o avere prestato la propria opera, presso tali imprese, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all'amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o in altre posizioni equivalenti o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell'imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'Istituto nazionale per la previdenza sociale;

- essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.

 

Anche se non espressamente contemplato dall’art. 71 D.lgs. 59/2010, costituisce titolo abilitante all’esercizio dell’attività la pregressa iscrizione al Registro Esercenti al Commercio (R.E.C.), come più volte chiarito dal Ministero dello Sviluppo Economico e dalla Regione Lombardia.

 

Sia per le imprese individuali che in caso di società, associazioni od organismi collettivi, i requisiti professionali di cui al comma 6 art. 71 D.lgs. 59/2010 devono essere posseduti dal titolare o rappresentante legale, ovvero, in alternativa, dall'eventuale persona preposta all'attività commerciale

A seguito delle modifiche apportate con il D.lgs. 147/2012 il medesimo soggetto può essere delegato (preposto):

 

- da parte della stessa impresa/società per più esercizi di vendita;

- da parte di più imprese/società per più esercizi di vendita.

 

 

REQUISITI OGGETTIVI

 

Ai differenza dei requisiti soggettivi, che sono sostanzialmente fissati dalla legge ed in genere risultano uniformi (o in via di uniformazione) a livello nazionale, i requisiti oggettivi sono spesso fissati da normative Regionali (anche a livello regolamentare) e dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti locali e quindi possono variare anche a livello comunale.

 

Requisiti dei locali

 

Conformità alle norme urbanistiche (comprese quelle relative alle destinazioni d’uso);

Conformità alle norme edilizie;

Conformità alle norme igienico-sanitarie;

Conformità alle norme di sicurezza (comprese quelle relative ai VVFF e sicurezza luoghi di lavoro).

 

Requisiti delle attività

Conformità alle norme igienico-sanitarie;

Conformità alle norme dei regolamenti di polizia urbana ed annonaria;

Conformità alle norme eventualmente previste per la vendita di specifici prodotti o merci (es. dispositivi medici, ottica, etc.).

 

 


 

 

 

Commercio e somministrazione

 

Possibili limitazioni alla concorrenza

 

Dizionarietto

 

Regole:

 

- Competenze

 

- Tipi di Procedimento

 

- Requisiti

 

- Disposizioni principali

 

    Commercio fisso al dettaglio

    Commercio al dettaglio su aree pubbliche

    Commercio all’ingrosso

    Somministrazione di alimenti e bevande



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